Logo

 

La Storia

Un tempo ormai molto lontano, negli anni della sanguinosa battaglia contro gli orchi sul sacro suolo del Regno Elfico, rappresentato nel suo splendore da due città, la capitale Alwenion, la seconda città Sinor, il Re degli elfi e il suo figlio maggiore furono uccisi. Combatterono per difendere la terra e salvare il salvabile. Da 13039 anni l'antico Impero aveva mantenuto il suo splendore, difeso il suo territorio e i suoi abitanti. Non poteva essere calpestata in tal modo. Si crede, infatti, che fu colpa dei "mistici", religiosi, se molte delle forze elfiche abbandonarono per sempre Alwenion in balia degli orchi. Prima morì il Re, spada in mano, il giorno dopo lo seguì il figlio maggiore, colui che doveva ottenere la successione al trono. Cercò disperatamente di strappare il corpo del padre dalle zanne dei nemici, per finirci a sua volta.

Alla difesa della città erano giunti i più grandi combattenti e guerrieri di Sinor, seconda città degli elfi, situata su un continente lontano, e per questo con un’autonomia tutta sua. A morire per la città, per il Regno, prima di tutto furono proprio i suoi stessi abitanti, il suo stesso popolo. Con il Re morto, suo figlio maggiore scomparso, rimaneva soltanto un ragazzo cui dare le redini dell'impero, da cui dipendeva il Destino del popolo. Era inesperto e ingenuo. Era solo un ragazzo. Il consiglio ebbe il sopravvento su di lui, i mistici lo convinsero a partire, andare lontano, fuggire. Affermavano che era il destino, che era il volere della Dea. A nord dovevano andare, attraversare il mare per arrivare a Losseanor, un continente disperso nella nebbia del tempo. Nessuno sapeva se esistesse o no, solo i testi lo richiamavano, lo citavano. Doveva essere la terra sacra degli elfi, l'origine d’ogni elfo, la sola per cui valeva la pena di morire. A fianco dei mistici pure i consiglieri di Sinor chiedevano di ritirarsi. Con il Re morto, la città distrutta, a nulla conveniva rimanere a combattere. Combattere per delle rovine. Pure loro volevano raggiungere il continente sconosciuto.

Tra i consiglieri solo uno sapeva realmente cosa doveva fare. Era il più anziano, il più saggio. Maestro di vita prima del re, e successivamente del suo figlio morto. Si chiamava Anatharion. L'anziano saggio non voleva fuggire, non voleva tradire la sua terra, il suo ormai defunto Re e amico, il suo allievo morto. Con lui c’era la guardia imperiale, capitani e combattenti, vecchi studiosi e saggi. Tutti coloro che conoscevano il suo valore, la sua abilità. Non di meno dovettero partire, fuggire. Questi furono gli ordini del ragazzo, ormai in mano ai religiosi. Le navi attraversarono il grande mare. Non si sapeva da quanto tempo navigassero, non si sapeva se mai avrebbero incontrato, avrebbero visto, intravisto, la terra. I mistici erano convinti. I rappresentanti di Sinor non sapevano a cosa pensare..Se non a tenere il nuovo Re lontano da Sinor. Infatti, durante i secoli Sinor, per la sua posizione geografica, si era guadagnata un’autonomia all'interno dell'impero elfico. Solo nominalmente faceva parte del Regno. Ma ora tutto poteva cambiare. Era la seconda città degli elfi, ormai l'ultima roccaforte. Anatharion questo lo sapeva. Era da lì che voleva lanciare l'offensiva per riprendere ciò che era per diritto degli elfi. Rendere Sinor capitale temporanea, governarla in nome del giovane Re, troppo piccolo perché sapesse cosa fosse giusto.

Passarono i giorni. Ormai sulle navi i dissensi cominciarono a farsi sentire. Coloro che avevano abbandonato le loro case, coloro che avevano gettato le armi per fuggire, per seguire i mistici, cominciarono a sentire il peso del ricordo, dell'umiliazione. Il peso del tradimento che loro stessi avevano fatto al loro popolo. Il Re però continuò ad ascoltare i mistici, dovevano andare a nord dicevano. Raggiungere la terra sacra. Anatharion non poteva ancora fare nulla, non era il momento. L'occasione arrivò poco dopo. La flotta di dispersi fu raggiunta da una nave Sinoriana. Non sapevano nulla di ciò che accadde alla capitale, credevano nella vittoria, nella cacciata degli orchi.

Raggiunsero la nave del re, salirono a bordo per incontrarlo. Sinor era ormai sotto assedio. Il suo futuro, la sua stessa esistenza, dipendeva da una battaglia. Il porto da cui partì la nave si trovava lungo le rotte delle orde orchesche. Con la distruzione di esso, Sinor sarebbe stata circondata, isolata...infine annientata. Il Re si guardò intorno. I suoi consiglieri, i mistici, volevano proseguire verso nord, ma ora i rappresentanti dei Sinor desideravano abbandonare il viaggio, raggiungere i loro compagni, difendere il porto. Tutto si trovò nelle mani del ragazzo. Con un’autorità mai espressa prima ordinò che ognuno rimanesse libero di fare ciò che voleva, ordinò che l'autonomia di Sinor rimanesse tale, ordinò al popolo della capitale ormai in fiamme di proseguire verso nord. Furono le ultime parole che riuscì a pronunciare. Anatharion si gettò sul giovane e affondò il pugnale nella gola del figlio dell'ormai defunto amico e signore.

I mistici cercarono di fuggire, i sinoriani si gettarono sul saggio. Ormai tutto era deciso. Le porte della cabina, della sala delle riunioni, furono chiuse dall'esterno. All’interno la guardia imperiale, assetata di vendetta per la propria città ormai distrutta, difese Anatharion. La lotta durò pochi minuti. All'apertura della cabina uscì solo Anatharion, seguito dalla guardia, quella guardia imperiale che un tempo aveva il compito di difendere il re. Dentro la sala decine di corpi sgozzati, sbudellati, mutilati, giacevano a terra. I mistici e i rappresentanti dei Sinoriani...Tutti morti, uccisi.

Ora finalmente potevano arrivare a Sinor, farla capitale provvisoria, dalla quale avrebbero iniziato la riconquista di Alwenion. Uscì dalla cabina...E nel silenzio di quella tomba sentì una voce, non sapeva di chi era, sapeva solo che stava morendo: "Che tu e la tua stirpe siate maledetti per sempre". La voce della battaglia si diffuse tra le altre navi. Sulle stessa nave ammiraglia ancora si combatteva. La nave era in fiamme, non avrebbe retto al viaggio. Anatharion salì sul ponte. Ormai i mistici e i loro seguaci erano stati uccisi, i loro corpi sparpagliati lungo tutta la nave. In lontananza, sulle altre, navi, si udivano i combattimenti, la battaglia proseguiva. L'anziano saggio si sedette, guardò la nave...Guardò i suoi. Dovevano fermare i Sinor prima che riuscissero ad avvertire la propria città dell'accaduto. Lentamente la nave virò per andare ad affiancarsi a quella nemica. Pochi minuti resistettero i Sinor. Nulla potevano fare contro la feroce rabbia degli Alwenioniani.

Ormai avevano preso possesso della nave ammiraglia. Dalle altre navi vedevano gettare in mare i corpi. Alcune erano sotto il loro controllo. altre possedute dai mistici. Altre ancora non avevano avuto battaglie a bordo e silenziosamente attendevano l'esito degli scontri. Poche ore dall'inizio di tutto, dalla morte del re, dalla fine della razza elfica. Poche ore e tutto era finito. A nord proseguirono alcune imbarcazioni, altre, conquistate, cominciarono il viaggio ad est. Ora finalmente potevano arrivare a Sinor, potevano vendicare la distruzione della loro città. Sarebbe stata Sinor la nuova capitale...Finché Alwenion non fosse stata riconquistata. Quella stessa notte ci fu un violento temporale, una tempesta. Le onde si ingigantirono, i venti si scagliarono con violenza contro le navi dirette a Sinor. Ci fu il caos più totale... Ci fu la fine.

Aprì gli occhi. Non sapeva quanto tempo fosse passato, né gli interessava sapere perché. Le navi erano state distrutte, scagliate contro gli scogli. Stranamente molti, quasi tutti, si salvarono. Distesi sulla spiaggia rocciosa, doloranti e feriti, erano giunti nella terra degli orchi. Potevano ancora arrivare a Sinor. Anatharion non sapeva quanto fosse lontana, sapeva solo che dovevano raggiungerla. Nei giorni seguenti organizzarono le risorse, salvarono il salvabile e si diressero verso sud. Le stelle indicavano chiaramente la loro posizione.

La terra era montagnosa e ostile. La loro pelle non era abituata ad essere colpita dai raggi del sole in quel modo. Nelle foreste potevano trovare un po’ di protezione. Passarono gli anni e i vecchi morirono. Malattie ed animali li attaccarono. Coloro che non sapevano combattere, gli studiosi, gli anziani, non ebbero speranze di sopravvivere. Spesso vennero attaccati non solo da animali comuni ma anche da orchi, i quali non ebbero nessuna pietà. Il vecchio saggio sapeva che ormai non esistevano più elfi, poiché l'ultimo elfo era morto con la morte del figlio del re, successore al trono, sulla terra della città ormai distrutta. Il giovane re non era un elfo, né lo erano i mistici. Avevano tradito, come i Sinor, la loro razza, il loro impero. I loro valori vennero distrutti, la loro esistenza sconvolta. Ora c'erano loro...in una costante e lenta marcia verso il sud, verso Sinor. Non si sapeva neppure se fosse ancora intatta, o se fosse stata distrutta a sua volta dagli orchi. Si sapeva solo che avrebbero dovuto raggiungerla. La vendetta doveva essere compiuta.

Si guardò intorno. Di quel che erano un tempo nulla era rimasto, anche la pelle, i capelli, gli occhi...tutto era cambiato. Anche il loro animo. Solo la vendetta ribolliva nelle loro vene. Il solo pensiero che gli permetteva di continuare. Erano una razza nuova, erano degli esseri nuovi. Sarebbero risorti dalle rovine degli elfi, razza tradita dai loro stessi simili. Non avrebbero mai permesso che venissero commessi nuovamente gli stessi errori. La sola cosa importante era la vendetta.

Il viaggio continuò verso sud. Ormai degli anziani non rimase più nessuno in vita tranne Anatharion. Nel 125 circa, secondo il calendario dell'impero umano (la distruzione dell'impero elfico coincide all’incirca con l'anno 5), il gruppo decise di proseguire sotto terra. Erano ormai stanchi di viaggiare, stanchi di arrivare a Sinor. Molti non la ricordavano più, a molti nemmeno importava. Da questo gruppo cercò di fuggire una piccola minoranza che durante la marcia aveva perso fiducia in Anatharion. Non credeva più alle sue idee, si sentiva diversa. Credeva ancora negli dei, nella loro azione sugli esseri viventi.

Anatharion invece predicava il contrario. Non poteva esistere nessun dio se non l'individuo stesso. Se erano sopravvissuti non era grazie agli dei ma grazie alla loro forza, alla forza del loro animo. Il vecchio saggio li lasciò andare. Era sicuro che tra le montagne, con quelle bestie d’orchi, avrebbero avuto vita breve. Non c'era nessun bisogno di ucciderli. Inoltre così in pochi non potevano far molto. Nei successivi 300 anni continuò il processo portato avanti da Anatharion, cioè la negazione dell'esistenza degli dei, la distruzione d’ogni documento, la "creazione" di una nuova razza. La vita media era di soli 80 anni, ed ad ogni cambio generazionale un pezzo di storia spariva. Ormai non si consideravano più elfi, anzi, odiavano gli elfi. Odiavano gli elfi come odiavano ogni altro essere vivente. Nel sottosuolo molto cambiò.

Nell'anno 403/5 secondo il calendario dell'impero umano, la loro evoluzione ideologica raggiunse un livello ormai drasticamente lontano da quello che fu . L'esistenza era mutata. Nell’arco di pochi secoli in cui vissero nel sottosuolo svilupparono una loro ideologia, un loro modo di essere. Si rafforzarono a tal punto da reputarsi pronti a conquistare la superficie, annientare gli animali e portare avanti il "Vharcan". Anche il loro aspetto cambiò. Gli alchimisti avevano studiato delle sostanze, delle erbe. Un individuo alla sua nascita veniva portato alla luce all'interno di una vasca con una strano liquido alchemico. Sotto lo sguardo vigile dei religiosi quest'essere usciva dal liquido con la pelle nera. Serviva per difendersi e nascondersi nel buio delle grotte e, successivamente, per negare a loro stessi la loro vera origine. Il potere della vasca, la parola di Anatharion, li richiamava.

 

 

 

Questo sito fa riferimento al gioco di ruolo testuale online The Gate. E' stato realizzato con vim su GNU/Linux Debian.

nex_necis